Basse dosi di inibitori orali del fattore Xa nei pazienti con sindrome coronarica acuta: non sono chiari i benefici
Studi randomizzati e controllati ( RCT ) hanno dimostrato che la terapia con i nuovi inibitori orali del fattore X attivato ( Xa ) nella sindrome coronarica acuta ( ACS ) ha prodotto una riduzione degli eventi ischemici.
Tuttavia, questa terapia è risultata associata a un aumento dose-correlato delle principali complicanze emorragiche.
E’stata effettuata una revisione sistematica e una meta-analisi per valutare l'efficacia clinica e la sicurezza delle dosi più basse di inibitori orali del fattore Xa rispetto al placebo nei pazienti dopo una recente sindrome coronarica acuta.
L'endpoint primario era la mortalità cardiovascolare. Il tasso di nuovo infarto miocardico era l'endpoint secondario di efficacia, mentre l’endpoint di sicurezza era rappresentato dalle complicanze emorragiche maggiori.
Cinque studi randomizzati sono stati inclusi nella meta-analisi che ha riguardato un totale di 25.643 pazienti.
Non è stata riscontrata alcuna differenza significativa nella mortalità tra i pazienti trattati con i nuovi antitrombotici rispetto a quelli trattati con la terapia standard ( odds ratio, OR= 0.97; p = 0.86 ).
I tassi di infarto miocardico recidivante sono diminuiti nel gruppo anti-fattore X attivato ( OR= 0.86; p=0.02, numero necessario da trattare, NNT = 189 ).
La somministrazione di nuovi anticoagulanti orali è risultata associata a un rischio fortemente aumentato di emorragie rispetto al trattamento standard ( OR= 3.24; p inferiore a 0.001, numero necessario per un danno, NNH = 104 ).
Allo stesso modo, i tassi di emorragia cerebrale erano significativamente più alti nel gruppo anti-fattore X attivato.
In conclusione, l'aggiunta dei nuovi anticoagulanti orali alla terapia standard nella sindrome coronarica acuta è associata a un eccessivo rischio di emorragie senza alcuna chiara evidenza di benefici clinici. ( Xagena2013 )
Obonska K et al, Atherosclerosis 2013; 229:482-488
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